L’artrosi delle faccette articolari è quasi sempre accompagnata da una sintomatologia dolorosa e spesso invalidante. Quando poi si è in presenza di una cisti sinoviale articolare intracanalare, i sintomi sono ancora più evidenti, richiedendo di procedere ad interventi di artrodesi particolarmente invasivi. Tuttavia, grazie ad una tempestiva e accurata diagnosi, è possibile affrontare questa patologia articolare con interventi meno invasivi, ma ugualmente risolutivi.
Lo dimostra il caso di una paziente del nostro centro di neurochirurgia che ha accettato di sottoporsi ad un intervento di rimozione della cisti intracanalare poco invasivo, senza più riscontrare dolori e difficoltà motorie.
Storia clinica e percorso diagnostico del paziente
La paziente di circa 50 anni è affetta da una lombalgia cronica, in particolare mattutina, che però con il movimento migliora. Dopo qualche tempo sviluppa una sindrome radicolare con irradiazione del dolore agli arti inferiori prevalente a destra, riferendo affaticamento nel camminare.
In un primo momento decide, con l’aiuto del medico di base, di sottoporsi ad una terapia antiinfiammatoria.
Non riscontrando benefici, prova a sottoporsi ad una terapia riabilitativa che però non è perseguibile per l’aumento del dolore durante gli esercizi. Non avendo miglioramenti decide in autonomia di eseguire una risonanza magnetica lombosacrale.
L’esame mostra fin da subito un quadro di artrosi delle faccette articolari a livello della quarta e quinta vertebra, con la presenza di una cisti sinoviale, articolare e intracanalare che occupa una parte del canale vertebrale.
La paziente decide allora rivolgersi ad un neurochirurgo che, dopo aver valutato gli esami, suggerisce un intervento di decompressione del canale vertebrale e di stabilizzazione con vite e barre transpeduncolari.
Trattandosi di un intervento molto invasivo, la paziente è indotta a cercare altre soluzioni, tra le quali una terapia infiltrativa che però non va a buon fine, in quanto la ciste era più compatta e a sviluppo intra canalare quasi completo. La tecnica dell’infiltrazione, infatti, si rivela utile e risolutiva laddove le cisti articolari presentano una componente liquida importante.
Giunta al nostro centro di neurochirurgia grazie ad un passaparola, la paziente è stata oggetto di una nuova diagnosi, a partire da una tac lombo sacrale, essenziale per poter ricostruire esattamente la tipologia di malformazione alle articolazioni.
La diagnosi e il trattamento chirurgico proposto
Sulla base dell’esito della tac, è stata confermata la necessità di procedere ad una decompressione del canale vertebrale, ma senza bisogno di effettuare una stabilizzazione con viti e barre.
La paziente, tranquillizzata dalla minore invasività, ha deciso allora di sottoporsi all’intervento suggerito dal Dottor Sacchelli.
Il tipo di intervento proposto infatti può essere affrontato con un accesso meno invasivo al canale vertebrale in L4-L5, procedendo ad una rimozione di un legamento ipertrofico flavo, alla rimozione della parte mesiale dell’articolazione monolaterale e della parte della cisti sinoviale, sicuramente compatta, che occupava il canale vertebrale ed entrava in conflitto con la radice nervosa irradiata all’arto inferiore destro.
Alla fine dell’intervento, ai test non si mostra una grossolana instabilità, pur avendo rimosso una parte mesiale dell’articolazione malata. L’articolazione scarica infatti inserendo un device interspinoso senza la necessità di viti e barre transpeduncolari.
Al risveglio la paziente aveva risolto i dolori agli arti, senza riscontrare alcuna difficoltà nel cammino. A distanza di un mese dall’intervento, ha riferito un miglioramento del mal di schiena, senza più problematiche legate all’instabilità. Ormai sono passati 5 anni e la paziente non ha più avuto particolari dolori lombari oltre a non aver sviluppato nessun tipo di problema al tratto di colonna operato.
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